Izzu meu - La madre dell' ucciso

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Mer, 13/04/2016 - 21:15 - 22:30
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IZZU MEU ( LA MADRE DELL’ UCCISO)

Mercoledì 13 Aprile 2016 – Ore 21,15 – Centro Artistico il Grattacielo – Via del Platano 6 – Livorno.

in collaborazione con Casateatro 2007 Nuoro spettacolo video-teatrale-musicale, ispirato alla vita e alle opere di Francesco Ciusa proposto dal nostro socio nonché sceneggiatore e regista Alessandro Arrabito

 

Interpreti in ordine di apparizione:

Graziano Siotto – Simone Sassu – Annapina Laria – Alessandro Arrabito ( narratore ) – Manuela Flore – Edoardo Piroddi – Maddalena Gosamo – Elias Massaiu – Marco Cossu – Antonio Pischedda – Maria Grazia Morittu – Antonio Zidda – Gianna Manconi – Rina Crobeddu – Nila Masala e Antonella Chironi

Costumi: Sara Calledda

Selezione musicale: Massimo Paolo Di Cicco e Maria Bonaria Monne

Foto di scena: Donato Tore e Salvatore Scanu

Audio- Luci: Gianluca Razzauti – Sandro Cadeddu

Aiuto regia e coreografie: Franca Soggia

 

Sinossi

Le suggestive immagini girate da Alessandro Arrabito nella Barbagia più profonda, si fondono alle emersioni coreografiche, canore e verbali delle sculture viventi di Francesco Ciusa: voci “interiori” e universali, tutte nascenti dalla rannicchiata carismatica sofferenza della sua opera scultorea principale . “La Madre dell’ ucciso “, che stupì la critica internazionale, e commosse il pubblico della Biennale di Venezia 1907, col suo dolore imploso e inconsolabile, vivificato in scena dalle sue tante madri-epifanie, che, dentro la scrittura originale di Arrabito, anche gridando la grandezza di Jacopone, Garcia Lorca, Euripide, Salvatore Quasimodo, Sebastiano Satta, mutano lingua, latitudine, espressione, così aderendo ai sottotesti etnografici, sia della drammatica scultura della “Madre dell’ ucciso” (GAM Palermo ), sia delle sue poche pregevoli copie di Cagliari, Nuoro, Roma; ma più universalmente ancora assumendo “tutte le voci, le ansie, il pianto, la maledizione, la preghiera “ : tappe del dramma antico e inaccettabile d’essere “costrette a sopravvivere” al frutto amato del proprio ventre.